Visita del Papa

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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SANTA MARIA MAGGIORE IN SAN VITO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 13 novembre 1988

 

Ai bambini che frequentano i corsi del catechismo

Anche nel cuore della vecchia Roma ci si può sentire parrocchia di frontiera. È quanto testimonia la comunità di Santa Maria Maggiore in San Vito accogliendo oggi pomeriggio Giovanni Paolo II per la visita pastorale.
Situata sul colle Esquilino, a due passi dalla prima Basilica mariana del mondo di cui porta, con legittima soddisfazione, il titolo, questa porzione della Chiesa di Roma non vuole nascondere al suo Vescovo, dietro il facile paravento di un illustre passato, il volto sofferente della realtà umana nella quale è chiamata a vivere ed a testimoniare. Non dotte dissertazioni di teologia, ma, per una volta, canti e grida festose di oltre cento bambini riempiono l’austera Aula Magna della Facoltà Teologica Alfonsiana. L’Istituto dei religiosi Redentoristi infatti ospita il primo incontro della visita pastorale di Giovanni Paolo II nella parrocchia di Santa Maria Maggiore in San Vito: quello con i più piccoli.
Il Santo Padre è accolto dal Cardinale Vicario Ugo Poletti, dal Vescovo Ausiliare per il Settore Centro, Monsignor Filippo Giannini, e dal parroco Monsignor Sisto Gualtieri. Dopo aver salutato la comunità dei Redentoristi, radunata in un cortile interno, Giovanni Paolo II si reca subito nell’Aula Magna accolto dal grande entusiasmo di tutti gli alunni delle scuole elementari e medie che frequentano i corsi di catechismo. Con loro sono anche i genitori e gli insegnanti.
Ringraziando i piccoli per la festosa accoglienza Giovanni Paolo così si rivolge loro.  

Sia lodato Gesù Cristo.

Vorrei esprimere soprattutto il mio apprezzamento per le parole della vostra amica. Ha pronunciato un discorso molto saggio e abbastanza elevato. Vorrei ringraziare anche per questi doni che mi sono stati offerti dagli altri due amici un po’ più piccoli: i disegni. Sono molto belli.

Ho ascoltato con grande attenzione quello che mi è stato detto. E mi è venuta in mente una parola che qualche volta il papà o la mamma dicono soprattutto ai ragazzi: guardami negli occhi! Ecco, perché devo guardare negli occhi la mia mamma? Perché la mia mamma vuol vedere i miei occhi? Perché in questi occhi è iscritta, quasi la verità, la tua verità. Gli occhi dei bambini, gli occhi umani hanno una speciale profondità, che quasi rispecchia tutta la verità sulla persona umana.

La vostra amica ha parlato della verità e lo ha fatto facendo allusione all’ambiente in cui ci troviamo. Ci troviamo dentro una università dove si tengono corsi accademici, dove si insegna la verità, dove si cerca e poi si cerca di tradurre ciò che si è cercato come verità. Ci troviamo in una università, ma la verità non si cerca solamente nelle università, ma dappertutto. L’uomo non può vivere senza la verità, anche questi piccoli bambini non possono vivere senza la verità.

Allora ringrazio per queste parole perché erano molto adatte alla circostanza, a questa aula in cui ci troviamo e soprattutto alla vostra vita. Vi auguro, carissimi bambini, di camminare sulla strada della verità, di quella verità di cui Cristo è il nostro maestro, la nostra guida. Nella parrocchia, nella catechesi si compie questo cammino. Si cerca di camminare seguendo Cristo, ascoltando la sua verità per essere illuminati, per portare questa verità negli occhi, ma soprattutto nella mente e nel cuore, per orientare con questa verità la propria vita.

Vi auguro tutto questo per ogni anno di catechesi, a cominciare dagli anni prescolastici a quelli della prima classe, della preparazione alla Comunione, delle classi maggiori, della preparazione alla Cresima e per tutta la vita.

Questo volevo offrirvi, ragazzi e ragazze di questa parrocchia, e questo vorrei anche offrire ai vostri genitori, qui presenti, perché i genitori sono preoccupati, in ansia, hanno una responsabilità perché questo cammino della vostra vita si compia nella verità, nella verità di Cristo, nella verità cristiana, nella fede. Allora rivolgo questi auguri anche ai vostri genitori, a coloro che vi insegnano il catechismo, al vostro ambiente, a questa comunità, a questa comunità cristiana che si chiama parrocchia di san Vito della quale sono oggi ospite. Vi ringrazio perché siete stati voi, i più giovani, ad incontrare per primi il Papa, voi che siete i più giovani parrocchiani e che ci parlate più degli altri dell’avvenire della comunità parrocchiale, delle vostre famiglie e di questo popolo al quale appartenete, della Chiesa.

Con queste riflessioni e con questi sentimenti vorrei offrire a tutti voi qui presenti, giovani parrocchiani, una benedizione insieme con il Cardinale vicario e con il Vescovo della vostra zona pastorale del centro.

Al consiglio pastorale e ai catechisti

Il Consiglio pastorale della parrocchia di S. Maria Maggiore in S. Vito, istituito un anno fa, è composto essenzialmente da rappresentanti delle varie realtà parrocchiali ed è suddiviso in tre gruppi: catechetico, liturgico e caritativo. Si riunisce ogni due mesi. Da due anni funziona anche un Consiglio per gli affari economici composto da cinque persone e dal parroco.
Giovanni Paolo II incontra in una saletta i rappresentanti dei due organismi insieme con i membri adulti del gruppo catechisti che comprende circa quindici persone.
A tutti i presenti il Papa così si rivolge:

Penso anch’io che voi siete una comunità, una parrocchia di frontiera comprendente le varie realtà che avete elencato. E lo è anche se si prende in considerazione una grande realtà soprannaturale, che si chiama Santa Maria Maggiore. Ecco, occorre che la vostra parrocchia – che è anche dedicata a Santa Maria Maggiore, Santa Maria Maggiore in san Vito – occorre che la vostra parrocchia sappia bene coordinare, sappia bene avvicinare queste due realtà. Perché essere di frontiera è anche una cosa positiva. Attraverso questa frontiera le persone, i gruppi, le comunità devono saper passare dal male al bene, dal peccato a Santa Maria Maggiore, dove non mancano confessionali . . .

Vi auguro di continuare la vostra opera con questa speranza, espressa dal vostro rappresentante. A tutti i membri del Consiglio pastorale auguro di essere consiglieri efficaci per il vostro parroco, in questa parrocchia di frontiera. E a ciascuno impartisco la benedizione del Signore.

Ai rappresentanti delle associazioni

Oltre che sul Consiglio pastorale e sull’attività dei catechisti la parrocchia può contare sull’impegno dell’Azione Cattolica adulti e del “Gruppo 2000”, emanazione della stessa AC. Questo gruppo si interessa soprattutto degli anziani soli – purtroppo numerosi in questo rione – e delle persone che comunque hanno più bisogno di calore umano a causa di negative vicende familiari.
C’è inoltre piena collaborazione con il locale Circolo Acli “Achille Grandi”, vicino anch’esso, con il patronato sociale, ai problemi dei pensionati e delle persone anziane. C’è, ancora, in parrocchia un gruppo di preghiera formato da giovani e da adulti che si riunisce ogni venerdì sera nella chiesa di S. Vito.
Ai presenti il Papa si rivolge con queste parole.

Vi ringrazio per la vostra relazione, che non era solo informativa, ma programmatica, analitica. Vi ringrazio per i doni significativi. Ringrazio tutti i gruppi. Nell’omelia, in chiesa, ne ho elencati parecchi. Qui ce ne sono tre: ACLI, Azione Cattolica e un gruppo che richiede una parola particolare visto che si interessa dell’età e anch’io ho superato i cinquant’anni.

È comunque una bella cosa che di questa realtà degli anni e dell’età si preoccupi qui un “Gruppo 2000”: vuol dire che si guarda al futuro. È un nome coraggioso, il vostro. È vero che il 2000 non è tanto lontano, ma sono pur sempre dodici anni . . .

Vi auguro di camminare verso il 2000 con grande coraggio. Quanto alla solitudine mi sono venute in mente queste parole, forse di san Bruno: O beata solitudine, tu sola beatitudine . . . Ecco, la solitudine può essere anche una benedizione di Dio, un luogo, una circostanza di felicità.

Auguro a questi solitari di poter trovare, con la presenza del Signore, con la sua grazia, con la vicinanza della madre di Cristo, che è la patrona principale di questa parrocchia – Santa Maria Maggiore – di poter trovare la felicità: non più tristezza, amarezza, ma una felicità di speranza, e che possano puntare non solo al 2000, ma ancora oltre. Vi benedica tutti Dio onnipotente.

Alle numerose comunità religiose femminili presenti nel territorio parrocchiale

L’incontro con le rappresentanti delle famiglie religiose femminili avviene in chiesa, dove Giovanni Paolo II è accolto con grande entusiasmo al canto del noto brano “Chiesa di Dio, popolo in festa, il Signore è con te” intonato da tutte le presenti.
Quindi una religiosa, a nome delle consorelle, gli rivolge parole di benvenuto ricordando anche come la IV Prefettura ecclesiastica della Diocesi di Roma – quella appunto di S. Maria Maggiore in S. Vito – sia la più ricca di istituti religiosi femminili, che offrono tutti il proprio servizio alla comunità ecclesiale. La religiosa conclude il breve ma sentito indirizzo rinnovando le espressioni di gioia per la venuta tra loro del “Papa missionario”.
E il Santo Padre le ringrazia con queste parole.

Avete cantato “Chiesa di Dio, popolo in festa, il Signore è con te”. Il Signore, sì, il Signore è con te, in modi tanto diversi. È con te con la sua presenza storica, con la sua presenza fisica, eucaristica, sacramentale. Il Signore è con te attraverso le vocazioni diverse, i carismi diversi. Il Signore, sposo, è con te attraverso le sue spose. E tutta la Chiesa è sposa di Cristo. Questo mistero viene espresso dalla vostra vocazione. Chiesa, sposa di Cristo . . . Voi portate nei vostri cuori, nella vostra vocazione, nelle vostre attività, nelle vostre preghiere, nelle vostre sofferenze, ciascuna di voi porta questo mistero della Chiesa, questo mistero sponsale della Chiesa. Attraverso di voi Cristo sposo è con la sua sposa.

Vi auguro di trovare sempre in questa vostra vocazione, in questa vostra identità, una grande gioia e un grande coraggio, per incoraggiare gli altri, e anche il Papa. Benedico tutte voi qui presenti e le vostre comunità – questa parrocchia non è grande, ma è molto ricca di comunità religiose, soprattutto femminili – benedico le vostre comunità e le vostre congregazioni.

L’impegno affidato alla gioventù

Non sono molti, come del resto in quasi tutto il centro storico, i giovani presenti nel territorio della parrocchia. Ma su quei pochi che la frequentano assiduamente il parroco e il suo collaboratore – don Francesco Vannini, del Seminario Lombardo – sanno di poter contare. Sono divisi in due gruppi: i giovani della catechesi e quelli dei gruppi di preghiera. Il Papa incontra i giovani della parrocchia, insieme ad alcune studentesse in teologia dell’Istituto S. Cecilia e ad alcune postulanti Comboniane. A nome dei presenti uno dei ragazzi esprime al Santo Padre la gioia e anche la sorpresa di tutti per una visita che non si aspettavano. Avevano creduto, all’inizio, a uno scherzo del loro parroco. Quindi il giovane illustra l’attività dei due gruppi sottolineando, però, che non c’è divisione tra loro, trattandosi piuttosto di due diverse esperienze di fede e di vita cristiana.
Alle inquietudini e agli interrogativi dei giovani il Papa così risponde.  

Il vostro collega ha parlato e da lui ho imparato parecchie cose. Per esempio, ho imparato che don Sisto, il vostro parroco, qualche volta scherza. Però non avete detto niente del giovane collaboratore che gli sta a fianco . . . Ho imparato molto della vostra comunità giovanile, dei vostri impegni, delle vostre aspirazioni e ricerche, della vostra fedeltà nella preghiera, nello stare insieme davanti all’altare, a questa icona di Gesù nella chiesa.

Ecco, adesso vorrei attirare la vostra attenzione su due parole. La prima è la parola crescita. È una parola usata dal vostro rappresentante in relazione alla fede. Crescere nella fede . . . E questo è molto importante perché a volte si parla di mancanza di fede e di perdita della fede. Tra i giovani, ma non solo fra i giovani. Ebbene, questa perdita, questo crollo della fede sono causati appunto dalla mancanza di una crescita nella fede. Perché la fede è una realtà organica. Se non cresce può indebolirsi, affievolirsi, e può anche morire, crollare. E allora, non lasciamo mai che la fede sia passiva, cerchiamo sempre di farla crescere.

L’altra parola che mi ha colpito è la parola approfondimento. Essa corrisponde alla prima perché, se da una parte con la crescita nella fede noi entriamo sempre più nel misterioso, soprannaturale mondo di Dio, con l’approfondimento entriamo sempre più nel nostro mondo interiore, conosciamo noi stessi, conosciamo il mistero dell’uomo. Perché anche l’uomo è mistero. Il Concilio Vaticano II ha detto che, con questo mistero dell’uomo, Cristo rivela a ciascuno di noi non solo Dio, ma anche l’uomo.

Ecco allora che approfondire vuol dire entrare nel proprio io umano, nella propria personalità, nella propria vocazione, entrare di più in questo mistero, che è il mistero della coscienza, della coscienza morale da cui traggono origine il bene e il male. Conoscere se stessi, come diceva sant’Agostino: “Cognoscam te, cognoscam me”, queste due cose vanno insieme.

Vorrei augurarvi di camminare sempre su questa duplice strada: crescere nella fede, crescere nell’amore di Dio; e crescere anche nell’approfondimento della propria personalità e dignità umana. Questo programma non è centrato solo su un singolo uomo, non è un programma egocentrico. È invece un programma allo stesso tempo comunitario e sociale. Perché l’uno e l’altro, la crescita nella fede e l’approfondimento di noi stessi devono portarci a vivere di più per gli altri. Non ci può essere un altro frutto, un’altra conseguenza logica di questo duplice processo: accrescimento nella fede e approfondimento della nostra personalità umana. Vivere sempre più per gli altri, come Cristo. Cristo è il perfetto esempio di una tale crescita, di una tale liberazione dell’uomo. Vi auguro tutto questo nell’ambito delle vostre occupazioni, nei momenti di gioia e anche in quelli di sofferenza, e lo auguro per tutti i vostri cari. E insieme a loro vi benedico.

© Copyright 1988 – Libreria Editrice Vaticana

VISITA ALLA PARROCCHIA DI SANTA MARIA MAGGIORE IN SAN VITO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 13 novembre 1988

 

  1. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mc 13, 31).

Noi sperimentiamo costantemente il fatto che tutto passa. Il mese di novembre ce lo ricorda in modo particolare, iniziando dalla solennità di Tutti i Santi e dalla Commemorazione di tutti i fedeli defunti.

Anche l’anno liturgico s’avvia verso la conclusione. Questa ne è la penultima domenica; nell’ultima celebreremo la solennità di Cristo Re: di Cristo le cui “parole non passeranno”. Infatti egli stesso è l’inizio della vita eterna, e la sua parola rende testimonianza a tutto ciò che non passa, che è da Dio e che a Dio conduce.

Così dunque sulla scena del mondo che passa e dell’uomo con esso si apre l’orizzonte del Regno di Dio.

  1. Cristo ci conduce verso questo regno come redentore, come sacerdote nella nuova ed eterna alleanza. Ce lo ricorda la liturgia nella lettera agli Ebrei: Gesù Cristo “avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si è assiso alla destra di Dio” (Eb 10, 12). Con questo unico sacrificio “egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati” (Eb 10, 14).

Intanto il passare dell’uomo sulla terra è già compenetrato dal sacrificio di Cristo, il cui valore e la cui potenza non passano. Questo sacrificio redentore imprime sul nostro passaggio terreno il segno della santità di Dio stesso. Noi trapassiamo avvicinandosi a colui che è tre volte santo.

Di tale passaggio ci parla appunto la liturgia di questa domenica.

  1. E perciò le parole del salmo che abbiamo ascoltato allontanano da noi ogni tristezza. Sono piene della gioia divina: “Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita” (Sal 16 [15], 5).

Quante cose dice il salmista con queste parole ispirate! Portiamo in noi un’eredità divina per opera del Figlio-Verbo, che si è fatto uomo per rivelarci il nostro eterno destino in Dio: così bisogna vedere la “sorte” dell’uomo. Quante volte l’uomo si lamenta della sua “sorte” terrena! La vita dell’uomo è nelle mani di Dio. Cristo, il salvatore del mondo, è colui che prende nelle sue mani la vita di ogni uomo. Occorre soltanto che – secondo le parole del salmo – l’uomo ponga sempre innanzi a sé il Signore. Allora non vacillerà, perché lui è alla sua destra (cf. Sal 16 [15], 8).

  1. Lui – Cristo, lui, le cui parole non passeranno, è colui del quale continua a parlare il salmo: “Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra” (cf. Sal 16 [15], 11).
  2. In questo modo al di là della tristezza causata dalla fragilità umana, al di là della dolorosa necessità del morire, che è la “sorte” umana dell’uomo, si schiudono le prospettive della speranza.

“Di questo gioisce il mio cuore – dice il salmista – esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione” (Sal 16 [15], 9-10).

La speranza di aver la vita! La speranza di aver la vita eterna!

Il salmo ha uno specifico carattere messianico. Parla di Cristo che accettò la morte di croce e che abitò “nel sepolcro”, per rivelare con la sua risurrezione la vittoria sulla morte; per fare l’uomo partecipe di questa vittoria. Infatti egli è venuto perché noi tutti abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza (cf. Gv 10, 10).

  1. La caducità del mondo porta su di sé il segno di una “tribolazione”, il segno di una multiforme sofferenza. Tuttavia questa tribolazione e questa sofferenza sono, secondo le parole di Cristo, preparazione alla venuta del Figlio dell’uomo.

“Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire . . . con grande potenza e gloria” (Mc 13, 26). La Chiesa, celebrando la liturgia eucaristica, sta quotidianamente di fronte al mistero di questa fede e grida: “Annunziamo la tua morte, Signore, Proclamiamo la tua risurrezione, Nell’attesa della tua venuta”.

Tale è il ritmo del passare dell’uomo in Cristo, mentre sta dinanzi al mistero di Dio stesso – mentre l’Eucaristia è presente costantemente nella Chiesa come frutto della Parola che non passa mai.

E il giorno della fine del tempo è conosciuto soltanto da Dio. “Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli del cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Mc 13, 32).

  1. Il mistero di questo passare dell’uomo in Cristo si vive in pienezza nella comunità ecclesiale, nell’assemblea liturgica. Di qui l’importanza del convenire insieme, del prendere parte alla vita della parrocchia e del sentirsi membri vivi ed operanti della Chiesa e nella Chiesa. Sono lieto di poter vivere oggi questo mistero in mezzo a voi, fedeli della parrocchia di Santa Maria Maggiore in San Vito: è il mistero di Cristo che muore e che risorge, il mistero della pasqua della settimana, che è la domenica; il mistero del passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia, dalle tenebre alla luce. Sono venuto tra voi, cari fratelli e sorelle, per incoraggiarvi a continuare in questo sforzo di trasformazione spirituale, di cambiamento di bene in meglio della vostra situazione di cristiani impegnati, di cammino nella vostra fede.
  2. Unitamente al Cardinale vicario Ugo Poletti e al Vescovo ausiliare monsignor Filippo Giannini, porgo il mio cordiale saluto al vostro parroco, monsignor Sisto Gualtieri, e ai sacerdoti suoi collaboratori nella cura pastorale di questo antico centro storico dell’Esquilino, posto sotto la celeste protezione della Vergine santissima, che veglia maternamente su tutti gli abitanti dalla splendida Basilica di Santa Maria Maggiore.

Un saluto particolarmente affettuoso giunga a tutti voi qui presenti ed agli appartenenti ad istituti operanti nell’ambito delle attività parrocchiali: ai superiori ed alunni dell’Istituto Orientale, del Seminario Lombardo, del Collegio Russicum, della Facoltà Teologica Alfonsiana; alle numerose famiglie religiose dimoranti in questa zona ed attive nell’opera di evangelizzazione: mi riferisco alle Suore di santa Elisabetta, alle Oblate del Bambin Gesù, alle Domenicane di santa Caterina da Siena, alle Missionarie Comboniane di san Pietro Claver, alle Discepole del Redentore, alle Figlie della Sapienza, alle Pie Discepole del Divin Maestro, alle Piccole Suore della sacra Famiglia di Castelletto di Brenzone, alle Suore di Madre Teresa di Calcutta e alle Suore della santa Famiglia.

Saluto ancora i vari gruppi e associazioni che assistono il parroco nelle sue quotidiane incombenze: i membri del consiglio pastorale e per gli affari economici, dell’associazione dell’Azione Cattolica, del Gruppo 2000, che si interessa delle persone sole, anziane o ammalate; del circolo delle ACLI, che svolge l’opera di patronato sociale.

A tutti questi gruppi esprimo la mia gratitudine e il mio incoraggiamento a ben continuare nell’attività loro assegnata, prestando il loro prezioso contributo affinché la comunità parrocchiale sia sempre più viva e vitale, e sempre più cosciente della propria vocazione a partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa.

La vostra Chiesa è stata restaurata e riportata alle sue primitive linee architettoniche.

Mi fa piacere sapere di questo interessamento per il decoro della casa di Dio, ma occorre che essa diventi ora una Chiesa viva, perché non bastano le pietre a dare gloria a Dio. Occorre che essa diventi sempre più un luogo di preghiera, di elevazione spirituale e di solidale fraternità; occorre che ognuno senta la necessità di respingere ogni forma di individualismo e di chiusura nel proprio egoismo, e si apra alla comunione, alla condivisione ed alle esigenze comunitarie.

Non trascurate di frequentare la vostra Chiesa sia per la celebrazione eucaristica, in cui si rinnova il sacrificio della morte e risurrezione del Signore, sia per capire ed approfondire il proprio essere ed agire da cristiani al servizio dei fratelli. Incrementare l’impegno catechistico: la catechesi aiuta a diventare cristiani pienamente maturi; favorite incontri di catechesi non solo per i ragazzi, ma anche per i giovani e gli adulti. La cultura religiosa allarga la mente e il cuore per una migliore comprensione del valore della vita e delle responsabilità davanti a Dio e davanti agli uomini. Solo così il vostro passaggio su questa terra avrà un significato, perché ispirato a quelle “parole che non passano”.

  1. Fratelli e sorelle!

La liturgia dell’odierna domenica parla del passare di ogni cosa, indicandoci nello stesso tempo la direzione verso ciò che non passa. Questa liturgia è un grande insegnamento. E contemporaneamente è una grande chiamata. La chiamata è contenuta nelle parole di Cristo: “Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza . . . di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21, 36). Accogliamo questo appello.

Amen!

 

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